Le rane, commedia di Aristofane rappresentata nel 405 a.C., è un’opera intrisa della passione civile dell’autore: essa affronta, infatti, il problema dell’influenza morale e civile che la poesia esercita sui cittadini di uno Stato. Insoddisfatto delle tragedie messe in scena durante le feste in suo onore, il dio del teatro Dioniso — qui ritratto in modo caricaturale come un personaggio codardo, lascivo e corto di mente — scende nell’Ade per riportare sulla terra il suo poeta prediletto: Euripide. Dopo varie buffe peripezie, Euripide viene finalmente rintracciato mentre egli è nel bel mezzo di un’accesa disputa con Eschilo su chi dei due meriti di sedere sul trono della poesia tragica. Viene allora indetta una gara con Dioniso nei panni di giudice, nella quale la poesia di Euripide appare come una poesia corruttrice e responsabile del pervertimento dei costumi, nonché veicolo delle nuove idee irreligiose, mentre la poesia di Eschilo emerge come una poesia che difende i valori tradizionali, propone modelli virtuosi e sprona i cittadini a compiere nobili imprese per la patria: una poesia di cui si sente la mancanza, in una fase storica in cui Atene, avviata verso la disfatta nella guerra contro Sparta, versa in gravi difficoltà.